Design tedesco: le due Germanie unite e riunite.

Design tedesco: le due Germanie unite e riunite.

 
“L’architettura inizia quando si uniscono con cura due mattoni.”

Ludwig Mies van der Rohe

Pubblichiamo l’estratto di un articolo che racconta il design tedesco da un punto di vista particolare e decisamente interessante.

L’articolo completo si può visionare nella sua versione integrale sul sito di Benandanti, al seguente link, che ringraziamo e di cui consigliamo una lettura assidua.

Il design può essere il collante tra due mondi, storie, vissuti, futuri? Può essere questo, e molto di più: ne è un esempio la mostra German Design 1949–1989 Two Countries, One History, visitabile al Vitra Design Museum di Weil am Rhein fino al 5 settembre 2021.

Se pensiamo al design tedesco, l’associazione con la scuola Bauhaus, fondata più di un secolo fa a Weimar dall’architetto tedesco Walter Gropius e chiusa nel 1933 con l’ascesa al potere dei nazisti, è immediata. Una scuola, un movimento, un’istituzione che ha lasciato in eredità contributi fondamentali sia per il design che per l’architettura. Obiettivo principale del Bauhaus era quello di creare un armonico intreccio tra creazione puramente artistica e produzione industriale: perché porre l’estetica e la funzionalità in contrasto tra loro? Sono due aspetti di un unico vivere, di un unico abitare. E dunque, perché porre le due Germanie in contrapposizione? “Due paesi, un’unica storia” pone alla nostra attenzione un intreccio avvincente, una duplice concezione non solo del design ma anche della cultura, del lifestyle, della politica, della vita quotidiana.

Rudolf Horn and Eberhardt Wüstner, MDW shelving system, 1967, Archive Rudolf Horn, photo: Friedrich Weimer, Dresden

La mostra ha il pregio di evidenziare come i due nuovi Stati cercarono sì di stabilire le proprie identità ma nello stesso tempo, esponendo oggetti come la Garden Egg Chair di Peter Ghyczy (1968), una sedia futuristica fabbricata quasi con la stessa forma da un lato e dall’altro della città, rende palese che la divisione tra la Germania dell’Est e dell’Ovest non era poi così marcata come la immaginiamo. Per fortuna, oggi non siamo più costretti a parlare di Berlino in termini di muri e rigide divisioni, ma iniziative come quelle del Vitra Design Museum sono fondamentali per due ragioni: la prima è la necessità di tenere viva la memoria storica collettiva, la seconda è un invito a non fermarsi mai alla superficie delle cose, perché scavare a fondo porta molto più lontano e, soprattutto, conduce sempre alla giusta destinazione.

Peter Ghyczy, untitled (called »Garden Egg Chair«/»Senftenberger Egg«), 1968, © Vitra Design Museum, photo: Jürgen Hans
Aprofood, arredare casa con la fotografia d’autore.

Aprofood, arredare casa con la fotografia d’autore.

 
“Il cibo trova sempre coloro che amano cucinare!​”

Gusteau

La casa è il corpo che abitiamo e la cucina ne è il cuore. Per noi, la cucina è un progetto, un sogno, un modo di vivere emozioni e sensazioni. La cucina non è solo arredo, ma anche stile e colori, ecco perché oggi vogliamo proporvi un’intervista davvero gustosa:  Antonio Prochilo, fotografo torinese che con il cibo e la cucina ha un rapporto davvero particolare.

Scopriamolo insieme!

Ciao Antonio, vorremmo cominciare quest’intervista con una domanda che riguarda il nome del tuo progetto: Aprofood. Come lo hai scelto e cosa significa?

In realtà è nato un po’ per caso, pensando semplicemente al mio nome: ho unito le prime lettere del mio nome e del mio cognome alla parola cibo, tradotta in ‘food’, anche se per essere sincero non amo molto gli ‘inglesismi’.

Un aspetto, però, curioso a cui non avevo mai pensato è che l’idea di questo progetto (insieme al nome Aprofood) è nata in pieno lockdown, quando purtroppo molte realtà lavorative hanno iniziato a chiudere, alcune hanno riaperto a fatica dopo qualche mese. Insomma, solo oggi mi rendo conto che nel nome del mio progetto si cela un filo di ottimismo!

A quando risale il tuo primo incontro con la fotografia?

Ho sempre avuto la passione per la fotografia e per l’arte in generale. Ricordo che uno dei giochi preferiti che facevo da bambino insieme alle mie sorelle era quello di inventare piccole storie, facendo recitare i burattini per i quali andavo matto. La fotografia arrivò poco dopo, intorno ai dodici anni, quando iniziai a scattare le prime foto con una vecchia reflex Yashica di mio padre: direi che da allora non ho ancora perso la voglia di giocare.

Come ha influito la pandemia sulla tua arte e sulla tua ispirazione?

Devo dire che questa strana esperienza che stiamo vivendo tutti a causa della pandemia in corso mi ha per certi versi aiutato. Era da tempo che volevo realizzare un progetto artistico che mi ‘rappresentasse’, un progetto in cui avrei potuto esprimermi come volevo, in un mio mondo ideale, e proprio nel pieno della mia ricerca artistica mi sono ritrovato chiuso a casa per diverse settimane, e qualcosa magicamente è scattato: ho avuto molto tempo per dedicarmi al cibo, altra mia grande passione (dopo le scuole medie avrei voluto frequentare la scuola alberghiera).

Così ho potuto cucinare e sperimentare con calma tutto quello che mi andava. Nel frattempo fotografavo quello che cucinavo, cercando però di togliere dai miei scatti tutto il superfluo, per arrivare all’essenziale, quasi alla materia prima.

Cosa rappresenta la cucina per te, e come descriveresti il tuo rapporto con il cibo?

Per alcuni anni ho lavorato per la Rai come montatore video, collaborando al montaggio di documentari. Ecco, il frigorifero della mia cucina è come una sala di montaggio: al suo interno trovo degli ‘ingredienti sparsi’ (il più delle volte pochi!), come le immagini che avevo a disposizione quando dovevo assemblare un documentario; ma i pochi ingredienti a disposizione si possono combinare tra loro realizzando creazioni molto interessanti, a patto che lo si faccia con amore!

Per me il cibo è immenso piacere, lo stesso che provavo ogni volta che finivo un documentario.

Qual è la tua stanza preferita di casa?

Sarò scontato, lo so… la cucina! (anche la nostra, ndr).

Quali sono i tuoi progetti per il presente, e per il prossimo futuro?

Per ora la fotografia di cibo è il mio presente, per il futuro non saprei, mi piacerebbe vivere nel ‘qui e ora’, oggi più che mai.

Antonio Prochilo

Da sempre appassionato di cucina, ha deciso anni fa di scegliere la strada della fotografia, altra sua grande passione.

Realizza stampe fotografiche d’arredo di varie dimensioni, anche in grande formato, stampate su carta satinata di alta qualità con l’ausilio di stampanti professionali a getto d’inchiostro.

Per scoprire i lavori di Antonio:

www.aprofood.com

La cucina di Erica e Marco.

La cucina di Erica e Marco.

“Più che una cucina, un’opera d’arte!

Cercavamo qualcuno che rendesse reale la nostra idea di cucina: grazie alla professionalità, passione e precisione di Luigi e del team L’Opera, tutto questo è stato possibile!”

Erica e Marco

🔴 Veneta Cucine, cucina senza maniglie (sistema con gola) modello LIKE J

🔴 Colonne, basi e pensili in finitura BIANCO BURRO laccato monofacciale lucido

🔴 Modulo STEP SYSTEM in finitura acciaio, schiena e ripiano in finitura beton grigio


🔴 P
iano penisola in finitura beton grigio e supporto per piano penisola in vetro trasparente 

🔴 Cappa incassata nel pensile della Faber modello NO STEAM (adatta per piano cottura a induzione)

🔴 Elettrodomestici Samsung

La cucina di Erica e Marco.

La cucina di Simone ed Elisa.

“Mettiti comodo ci pensa l’Opera”, ed è proprio così! Noi lo abbiamo fatto e li abbiamo scelti per arredare la nostra casa: il risultato ha dato ragione a entrambi! A partire dalla capacità degli architetti di mettere a proprio agio il cliente ascoltando le proprie esigenze e consigliandolo nel modo più idoneo, con gentilezza e rispetto. Continuando con la disponibilità del reparto consegna, per finire, ma non perché meno importanti (anzi) ai ragazzi del montaggio che con educazione, competenza, professionalità e disponibilità sono entrati nella nostra casa e hanno completato un servizio eccellente.”

Simone ed Elisa

🔴 Veneta Cucine, modello OYSTER DECORATIVO

🔴 Dettagli gola (apertura verticale per le colonne e orizzontale per le basi) in alluminio, finitura brunito

🔴 Top e alzatine in quarzo, bianco perlato lucido

🔴 Penisola in finitura beton – grigio

Storie di Opera.

Storie di Opera.

“La vita di un uomo puro e generoso è sempre una cosa sacra e miracolosa, da cui si sprigionano forze inaudite che operano anche in lontananza.”

HERMANN HESSE

Una strada qualunque, di un giorno qualunque. In questa storia non contano molto luoghi e tempi, ma gli spazi e le distanze sì, sono importanti.

Raccontano di A., che un giorno decide di passare a salutarci in negozio per gli auguri di Natale. Prima di noi, però, A. non rinuncia all’immancabile caffè nel bar accanto, che tante volte è stato rifugio e casa. Le chiacchiere con il barista, gli sguardi che si fanno abbracci in quest’anno impossibile, la mascherina che offusca ma non cancella la gioia di stare insieme.

A. è felice, perché ha imparato a godere delle piccole cose, delle persone che rendono i giorni migliori. La sua felicità, però, viene offuscata non appena lo incontriamo: si accorge di aver perso il portafogli. Molti tra noi hanno vissuto quella sensazione di smarrimento, di violazione del nostro privato che un oggetto tanto piccolo e tanto importante può provocare, se smarrito o rubato.

portafogli smarrito

Ad A. succede proprio questo: non si rassegna, percorre la strada all’inverso, torna negli stessi luoghi, spalanca gli occhi su dettagli insignificanti. Tutto il suo impegno non serve: il portafogli non si trova.

Con uno stato d’animo caratterizzato da un misto di dispiacere e rassegnazione, A. chiama sua moglie per comunicarle quello che gli è successo. Dovranno rifare tutti i documenti, bloccare le carte di credito. A ridosso delle vacanze e con tutti i divieti agli spostamenti che ci sono in questi giorni non sarà facile, pensa A.

Ma c’è una cosa che lo addolora più di tutte. Nel portafogli conservava una vecchia foto dai bordi ingialliti e indefiniti, una delle poche foto con i suoi genitori e suo fratello, lui ancora bambino, in una vecchia cucina che non esiste più, in una casa che non gli appartiene più. Nessuna banconota ha lo stesso valore di quella fotografia.

Dopo aver sbrigato altre commissioni, con aria sommessa A. torna alla macchina parcheggiata proprio di fronte all’entrata principale del nostro negozio. Guardiamo distrattamente oltre la vetrina e lo vediamo parlare al telefono con qualcuno. Sarà la banca, pensiamo. Invece, in pochi istanti la tristezza sul volto muta e si trasforma in sorriso, in felicità, in bellezza dirompente.

A. torna da noi per raccontarci cosa gli ha appena comunicato sua moglie.

Tre ragazzi hanno percorso l’intera città, dall’Eur al quartiere Flaminio, per restituirgli il portafogli. Lavorano e vivono non lontano da qui, lo hanno trovato a terra e aprendo i documenti hanno individuato l’indirizzo di casa. Sono originari del Bangladesh, non hanno un mezzo di trasporto proprio, hanno preso tre autobus per essere certi di riconsegnare il portafogli al legittimo proprietario. Lo stesso faranno per tornare a casa. Non hanno voluto nessuna ricompensa, specificando che le lacrime di gioia della moglie di A. hanno valso tutta la fatica.

A. potrà abbracciare sua moglie, tenendo tra le mani quella foto di famiglia, e lasciare che la gentilezza degli uomini lo salvi, ci salvi, ancora una volta.

In quest’anno così diverso, abbiamo pensato di mettere da parte lustrini e stelle, per raccontarvi che il mondo può essere, anche dopo tutto quello che abbiamo vissuto, un posto bellissimo.

Buon 2021 dal Gruppo L’Opera.

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